Foodtech: il World Food Program ha previsto che per i prossimi trent’anni la produttività agricola ha bisogno di un +70% per soddisfare la domanda di cibo in tutto il pianeta. Ad oggi l’Italia è recepita come maggior esportatore al mondo sia per quanto riguardo i macchinari industriali sia di consumo. Il cosiddetto food experience appartiene alla nostra nazione, strappando il testimone dalle mani dei cugini francesi e forse in pochi sono a conoscenza che l’Italia ha una posizione rilevante anche nel foodtech.
Ma che cos’è?
Il foodtech si propone come soluzione alla sfida ‘lanciata’ dal World Food Program che lega l’aumento della popolazione mondiale con il fabbisogno di cibo che aumenterà vertiginosamente. I campi di applicazione del foodtech sono diversi. Si parla di stampanti 3D al servizio di alimenti all’agricoltura di precisione per coltivare nel rispetto delle caratteristiche biochimiche della terra, passando per la tracciabilità dei prodotti, quindi implementando la qualità e la sicurezza per il consumatore finale. Invece considerando l’area dei big data si potranno realizzare smart kitchen e cognitive cooking. In pratica con l’avvento del foodtech nasce una nuova economia: la New Economy Food.
In che modo opera l’Italia?
Una delle notizie più recenti arriva da Milano con la creazione di un acceleratore corporate per il foodtech, facendo di Milano un hub internazionale dell’innovazione nel settore food e retail. I protagonisti sono Amadori, Cereal Docks e Gruppo Finiper, con l’aiuto di Deloitte, Innogest, Digital Magic, Seeds&Chips e Federalimentare Giovani. Le startup saranno selezionate nel periodo tra gennaio e maggio 2019 per poi procedere alla fase di accelerazione della durata di 15 settimane. Lo scopo è quello di creare delle collaborazioni tra le aziende e le startup, così da sviluppare nuovi business.
L’Italia contro il resto del mondo…
Negli ultimi anni l’Italia in termini di investimenti venture capital pro-capite ha conquistato la maglia nera in Europa. Oggi nel settore foodtech, invece, riconoscimento mondiale come acceleratori dovuto alla potenza del settore agrofood del nostro Paese. Ma allora qual è il vero problema? Manca il grande campione, l’azienda che fa la differenza. Nessuna grande azienda italiana raggiunge i colossi globali. È proprio il caso di dire che in Italia ci si sente grandi contro la totalità delle piccole e medie imprese che caratterizzano il nostro Paese, bisogna abbattere qualsiasi tipo di barriere e conquistare terreno rispetto le aziende che fatturano da 20mld in su.
Il futuro!
L’Italia rappresenta un valido concorrente per cavalcare l’onda del foodtech e conquistare le prime posizioni mondiali. Ci sono nazioni come ovviamente Cina e Usa che stanno crescendo rapidamente in questo verso per innovare nel settore più produttivo del pianeta. Non resta che cogliere questa opportunità, considerandola come una partita globale. Non si può e non si deve restare nei confini italiani, come fatto negli ultimi decenni. E se la storia insegna, allora impariamo ad investire per conquistare la leadership mondiale.